Nel caso specifico, il dato fattuale è il seguente: gli imputati, ricettando gli anabolizzanti, hanno incrementato il proprio patrimonio di beni che, non avrebbero potuto acquistare nel mercato legale o lo avrebbero potuto solo a condizioni diverse. Solo per effetto del suddetto acquisto (illegale) hanno potuto soddisfare quel loro bisogno “edonistico” di incrementare la massa muscolare, bisogno che, ove fossero ricorsi al “circuito” legale, di certo non avrebbero potuto conseguire o, comunque, lo avrebbero conseguito in misura diversa, in quanto, quelle sostanze, vanno prescritte su prescrizione medica e per necessità terapeutiche che solo un medico può valutare. Quello, quindi, che sembra essere sfuggito al giudice è proprio questo peculiare aspetto della vicenda in quanto, facendo leva sul solo aspetto psicologico, ha confuso e sovrapposto tre concetti che vanno tenuti rigorosamente separati: il dolo specifico; il profitto; il movente.
Nel caso di specie:
– è configurabile il dolo specifico perchè gli imputati hanno voluto e si sono rappresentati (art. 43 c.p., comma 1) che dall’acquisto di quei farmaci, avrebbero tratto “un profitto”;
– “il profitto”, va individuato nella ricezione di beni (sostanze dopanti) che prima non avevano e che non potevano acquistare in modo legale, beni che, avendo un valore economico, hanno incrementato il loro “patrimonio” potendo trarre da essi un vantaggio e, quindi, idonei a soddisfare un proprio bisogno (materiale o spirituale);
– il “movente” per cui decisero di ricettare quei beni, ossia”per soli fini edonistici” avendoli utilizzati per incrementare la massa muscolare, è irrilevante ai fini della configurabilità del reato, potendo essere preso in esame solo ai fini del trattamento sanzionatorio ex art. 133 c.p. , comma 2, n. 1. In conclusione, la sentenza va annullata con rinvio e gli atti trasmessi alla Corte di Appello di Torino che, nel giudizio di appello, si atterrà al seguente principio di diritto: “il profitto, il cui conseguimento integra il dolo specifico del reato di ricettazione, può avere anche natura non patrimoniale. Il profitto nel delitto di ricettazione è configurabile ogni qual volta, per effetto del reato, il patrimonio del soggetto agente s’incrementa di un bene dal quale il medesimo possa trarre un vantaggio e, quindi, in sè, idoneo a soddisfare un bisogno umano, sia esso di natura economico o spirituale: conseguentemente risponde del delitto di ricettazione l’agente che acquisiti o riceva farmaci e sostanze dopanti provento del delitto di cui alla L. n. 376 del 2000, art. 9, comma 7. Ai fini del delitto di ricettazione è irrilevante il movente, ossia la causa psichica che ha indotto l’agente ad agire, potendo il medesimo essere preso in considerazione ai soli fini del trattamento sanzionatorio”.
Pertanto vi è il reato di ricettazione nel caso di acquisto di anabolizzanti vietato dalla legge, anche solo al fine di soddisfare un proprio bisogno edonistico di incrementare la massa muscolare.
(Corte di Cassazione Penale, Sez. II, n. 15680 del 2016).

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