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Tolleranza zero su molestie sessuali al Lavoro: la svolta della Cassazione con la recente Ordinanza

Con la recente ordinanza n. 6345 del 10 marzo 2025, la Corte di Cassazione ha segnato un importante passo avanti nella tutela della dignità sui luoghi di lavoro, confermando la legittimità del licenziamento per giusta causa di un dipendente che aveva rivolto frasi offensive a sfondo sessuale a una collega in stato di gravidanza.

Il caso esaminato dalla Suprema Corte

La vicenda riguarda un dipendente di un’azienda di trasporto pubblico locale destituito dal servizio (come previsto dal CCNL Autoferrotranvieri) per aver apostrofato una collega, dopo aver appreso della sua gravidanza, con espressioni inappropriate come: “ma perché sei incinta pure tu”, “ma perché non sei lesbica tu”, “e come sei uscita incinta”.

Il Tribunale di primo grado aveva confermato la sanzione, mentre la Corte d’Appello l’aveva ritenuta sproporzionata, qualificando il comportamento come “meramente inurbano” anziché offensivo o molesto a sfondo sessuale. Con l’ordinanza n. 7029 del 2023, la Cassazione aveva già cassato questa valutazione, ritenendola non conforme “ai valori presenti nella realtà sociale ed ai principi dell’ordinamento”.

I principi stabiliti dalla Cassazione

Con la nuova ordinanza, la Suprema Corte conferma che le frasi offensive nei confronti dell’orientamento sessuale o relative alla sfera intima di una persona integrano una molestia qualificabile in termini di discriminazione. Significativamente, la Corte precisa che:

  1. Per configurare la molestia è sufficiente il contenuto oggettivo della condotta e la percezione soggettiva della vittima
  2. Non è necessaria l’intenzione soggettiva dell’autore della condotta di infliggere molestie
  3. Tali comportamenti devono essere valutati alla luce dei valori costituzionali di tutela della dignità della persona e del principio di non discriminazione

Il quadro normativo di riferimento

La decisione si inserisce in un contesto normativo sempre più attento alla tutela delle persone sul luogo di lavoro:

  • LaConvenzione n. 190 dell’OIL del 2019, che riafferma il diritto a un ambiente lavorativo libero da ogni forma di violenza
  • LaRaccomandazione n. 206/2019, che offre linee guida per prevenire e gestire le molestie
  • LaDirettiva 2024/1385 sulla lotta alla violenza contro le donne, che impone agli Stati membri misure più severe contro le molestie sul lavoro

Implicazioni per i datori di lavoro

L’ordinanza evidenzia anche le responsabilità dei datori di lavoro nella prevenzione delle molestie sessuali, che rientrano nel “debito di sicurezza” previsto dal combinato disposto degli artt. 2087 c.c. e 26, comma 3-ter, D. Lgs. n. 198/2006.

I datori di lavoro sono tenuti a:

  • Assicurare condizioni di lavoro che garantiscano l’integrità fisica e morale dei lavoratori
  • Implementare iniziative informative e formative per prevenire le molestie sessuali
  • Intervenire tempestivamente non solo in caso di molestie sessuali, ma anche quando i comportamenti risultino offensivi o degradanti

La mancata adozione di misure preventive può esporre il datore di lavoro a conseguenze risarcitorie, come nel caso citato dal Tribunale di Firenze (sentenza del 20 aprile 2016), che ha condannato un’azienda al risarcimento del danno biologico subito da una lavoratrice vittima di molestie.

Conclusioni

La sentenza n. 6345/2025 rappresenta un chiaro messaggio: le condotte lesive della dignità personale non possono più essere tollerate nel contesto lavorativo. I datori di lavoro devono adottare politiche di Diversity & Inclusion non solo come buona prassi aziendale, ma come preciso obbligo giuridico, implementando strumenti specifici come sportelli di ascolto, permessi retribuiti per le vittime di violenza e procedure di segnalazione delle molestie.

Il percorso giurisprudenziale intrapreso dalla Cassazione conferma la crescente attenzione verso la tutela della dignità e dell’uguaglianza di genere nei luoghi di lavoro, ponendo l’Italia all’avanguardia nel contrasto alle discriminazioni.

Scarica l’Ordinanza n. 6345 del 2025 della corte di Cassazione dal seguente link: Corte di Cassazione ordinanza n. 6345 del 2025

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